Il 23 settembre di 78 anni fa il presidente dell’assemblea costituente, Umberto Terracini – al termine di una lunga discussione sul sistema elettorale con cui sarebbero state elette le assemblee legislative, dava lettura di un ordine del giorno presentato dall’on. Antonio Giolitti, nipote dello statista liberale Giovanni, e poi a lungo deputato, prima del pci e poi del partito socialista, e che ha poi servito il paese a lungo come ministro del bilancio in molti dei governi della prima repubblica e infine anche commissario europeo.
L’odg era di poche parole: «l’assemblea costituente ritiene che l’elezione dei membri della camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale», e venne approvato a larga maggioranza dall’aula (favorevoli 309, contrari 225, la maggioranza richiesta era di 268).
La stessa assemblea, in sede legislativa e non costituente, nel gennaio del 1948 approvò poi due leggi elettorali assolutamente proporzionali per la camera e per il senato, che nel tempo, con pochi mutamenti successivi, hanno prodotto con grande partecipazione popolare i parlamenti della repubblica.
Ciò sino a quando, nel 1993, un parlamento intimidito dalla bufera giudiziaria di tangentopoli, enfatizzando il responso di un improvvido referendum popolare (che per la verità aveva sancito solo una minima modifica alla legge per il senato) pensò di salvarsi dal discredito popolare approvando la prima delle leggi elettorali più o meno maggioritarie che hanno costellato la vita politica del paese sino a oggi.
E così abbiamo avuto una serie di leggi più o meno maggioritarie, prima il c. d. mattarellum, che ha resistito sino al 2005, poi il porcellum dichiarato incostituzionale nel 2014, poi ancora dopo l’italicum, dichiarato parzialmente incostituzionale nel 2017 e mai applicato, e infine il rosatellum, quella con cui sono stati eletti, anzi nominati, i parlamenti sino al settembre del 2022, che ha peggiorato le cose, aggiungendo il voto congiunto tra candidati uninominali e liste plurinominali, e così mettendo nelle mani di poche persone, i leader dei partiti la nomina dei parlamentari nel frattempo, anche le leggi elettorali degli enti locali, dalle regioni in giù, sono state confezionate in parallelo, secondo la medesima logica più o meno maggioritaria, dando luogo a quello strano fenomeno locale dei c. d. “cacicchi” di cui è sempre più difficile liberarsi.
Nelle elezioni che si sono succedute si è dovuta registrare nelle urne la crescente disaffezione degli elettori, i quali, non potendo eleggere direttamente e personalmente i loro rappresentanti, hanno disertato le urne in termini crescenti, sicché oggi possiamo dire che il parlamento rappresenta una minoranza del paese, e che il governo del paese è affidato alla meno debole delle minoranze elettorali.
Possiamo quindi dire che le leggi elettorali che si sono succedute dal 1993 in poi hanno dato luogo a un sistema politico non solo partitocratico, ma sostanzialmente autocratico, in cui la democrazia si esaurisce in un plebiscito quinquennale verso una sola persona (che sia sindaco, presidente-governatore, premier), che diventa l’unico titolare del potere di decidere le sorti della comunità e trovo paradossale che tutti i governi, quelli di oggi come quelli di ieri, si siano posti sempre il problema delle riforme costituzionali per dare ai cittadini il potere di scegliere chi dovrebbe governarli, e non si siano mai posti il problema di restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere rappresentati, quello che oggi c’è, è un sistema sicuramente antidemocratico, a cui il comitato iniziative popolari vuole provare a rimediare chiamando i cittadini a sottoscrivere le due leggi d’iniziativa popolare, nella speranza di spingere il parlamento ad occuparsene.
La prima LIP, quella ordinaria, intende restituire ai cittadini il sacrosanto diritto di eleggere liberamente i propri rappresentanti in parlamento, e propone una legge elettorale che restituisca agli elettori la possibilità di scegliere da chi essere rappresentati, viene cancellata l’attuale ripartizione del territorio nazionale in collegi uninominali e plurinominali, il cui voto obbligatoriamente congiunto costituisce l’offesa più dolorosa rispetto alla prescrizione costituzionale del voto “personale ed eguale, libero e segreto”.
Viene ridotto l’attuale abnorme numero di sottoscrizioni per presentare le liste e il territorio nazionale viene costituito in unico collegio elettorale ripartito per la camera in circoscrizioni interprovinciali e per il senato in circoscrizioni regionali o interregionali.
Il parlamento verrà eletto con un sistema proporzionale puro senza sbarramenti, e l’elettore avrà facoltà di esprimere sino a due preferenze di diverso genere; in mancanza di preferenze espresse, s’intenderà che l’elettore abbia voluto preferire il capolista.
La seconda LIP, quella costituzionale, propone di introdurre nel nostro sistema istituzionale una forma di governo basata sul c. d. “cancellierato”, che ha già dato buona prova di sé in germania, con alcune modifiche che lo rendano compatibile col nostro sistema costituzionale.
La proposta nasce dall’esigenza, generalmente avvertita, di dare maggiore peso e responsabilità alla figura del presidente del consiglio, senza tuttavia snaturare il ruolo centrale del parlamento e la figura di massima del presidente della repubblica.
Il presidente del consiglio otterrà l’investitura personale dalle camere in seduta comune sulla base di una motivata mozione di fiducia, potrà poi nominare e revocare i ministri del suo governo e potrà essere sfiduciato dal parlamento solo con la c. d. “sfiducia costruttiva”, votata da una maggioranza pronta a riconoscersi in un nuovo premier.
Si eviteranno così le crisi al buio e il governo in carica potrà continuare a operare nella pienezza dei suoi poteri sino a che in parlamento non emerga una diversa maggioranza e un nuovo premier, quel che potevamo fare, come comitato promotore, l’abbiamo fatto! ora tocca a voi giornalisti di darne notizia e ai cittadini di sottoscrivere le due proposte; e poi al parlamento, se vorrà approfittare del contributo che gli stiamo fornendo.
Grazie per l’attenzione.